Il mondo digitale è in continuo sviluppo ed espansione, in ogni settore lavorativo l’introduzione della sfera digitale, della connessione, dello status online, sembra esser diventata una necessità piuttosto che una scelta. In questa direzione si sono mosse molte persone che prima facevano un uso moderato della tecnologia, andando ad incrementare notevolmente l’inquinamento digitale che rappresenta il 2% delle emissioni di CO2 del pianeta, dato che è destinato a crescere in maniera esponenziale. Se da un lato la tecnologia ha permesso alle persone di abbattere le distanze, incentivare l’inclusione, la condivisione e ha velocizzato processi dispendiosi in termini di tempo e risorse, dall’ altro ci ha resi produttori di tonnellate di rifiuti informatici i RAEE. I RAEE sono i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche ovvero tutti i dispositivi che per funzionare necessitano di elettricità. Il dato più allarmante riguarda il riciclo di questi rifiuti, cioè la nostra capacità di riutilizzo degli oggetti che abbiamo utilizzato e gettato e l’abilità di rivitalizzare quelli che reputiamo non servici più. Infatti, solo il 17,4% del totale dei rifiuti segue un percorso di riciclo secondo le politiche nazionali dei singoli stati. Questi dispositivi necessitano di essere separati nelle loro componenti, smaltiti e riciclati secondo il materiale di cui sono composti. Il problema dello smaltimento di questi rifiuti è che contengono sostanze tossiche che possono provocare danni ambientali molto gravi se disperse. Per questo motivo, i loro processi di smaltimento e riciclo sono gestiti da una filiera speciale secondo la direttiva europea che fornisce a tutti gli Stati membri delle linee guida di comportamento. Per incentivare un corretto smaltimento bisogna considerare diversi aspetti, tra cui il recupero dei metalli preziosi che oltre ad avere un valore economico alto, hanno anche un valore ambientale in quanto recuperare dei metalli preziosi presuppone non dover far ricorso alle risorse naturali del nostro Pianeta. Alcuni Dati però dall’Italia promettono bene infatti Sono oltre 365mila le tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche avviate a corretto smaltimento nel 2020, un risultato in crescita rispetto al 2019. Anche il singolo consumatore può dare un piccolo contributo, pulendo i dati e cancellando dai dispositivi, quali smartphone e pc le app ed i programmi che non vengono utilizzate o eliminando gli spam dalle vecchie mail.
La tecnologia in questo modo, rappresenta sì un veleno per l’ambiente, ma anche l’antidoto, infatti attraverso la raccolta, l’analisi di Big Data e l’Intelligenza Artificiale si potrebbe dare un contributo importante; un esempio sono i cassonetti intelligenti in grado, tramite sensori, di migliorare il processo di raccolta dei rifiuti ottimizzando il percorso dei mezzi utilizzati. Un’altra innovazione in campo, è stata proposta nell’ambito della promozione dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale: lo Smart Bin.
Quest’ultimo è un contenitore per rifiuti elettrici ed elettronici “intelligente”, che vuole incentivare il corretto recupero, riuso e riciclaggio dei rifiuti elettrici ed elettronici. Questo dispositivo è capace di riconoscere il tipo di rifiuto smaltito, premiando chi ricicla con uno sconto su un nuovo oggetto da acquistare per il conferimento di oggetti come telefonini, pc, tablet dai quali poter recuperare materiali preziosi contenuti nelle schede elettroniche come oro, argento, palladio o rame. Affinché le persone possano diventare più coscienziose rispetto al tema ambientale, con lo scopo di sensibilizzare più utilizzatori possibili, lo scontrino emesso da Smart Bin indica anche la quantità di emissioni di gas serra “risparmiate”.
Maura Malato