Giorgio Fantozzi, dal ring alla musica
All’età di 18 anni, Giorgio si ritrovò dal Ring della palestra che frequentava da anni, amava il Kickboxing, sul letto di un ospedale. Quella che sembra una comune epistassi nasale, che lo affliggeva fin da piccolo, in realtà era la manifestazione di una malattia rara la “teleangectasia emorragica ereditaria” che lo aveva ridotto in fin di vita.
Superato il coma, abbandonati i guantoni, si comprò una chitarra ed iniziò a scrivere, raccontando le sue emozioni.
Nelle sue canzoni c’è tutta la sua vita. Nei suoi versi, la grande voglia di combattere.
“C’è un cielo grigio che pesa sulla mia testa. Siamo gocce di pioggia, persi nella tempesta. Un urlo in gola che spinge e vuole uscire, spezza ogni respiro e la rabbia poi mi fa gridare. A testa alta, gridiamo in faccia, vedi che noi restiamo in piedi.”
Le sue parole esprimono la profondità di chi, per tornare a vivere, ha saputo guardarsi dentro. Senza ipocrisia. Senza alibi. Senza maschere.
“Rimango sempre nudo di fronte a questo cielo. E forse lui è l’unico a conoscermi d’avvero. La maschera che indosso tra poco svanirà. Domani ci sarà qualcuno che la ridisegnerà. Sarò come vorranno, Un misero giorno perduto all’interno di un anno. Ma nel momento prima di dormire, Come prendere un respiro prima che trovo il coraggio per riuscire a dire ciò che da una vita tengo in me. E mi sento leggero e mi sento più vero.”
Consapevole della nuova opportunità che la vita gli ha offerto, Giorgio ha scoperto il valore delle cose semplici. La bellezza della vita aldilà delle apparenze.
“Cosa importa se per vivere non c’è un vero motivo. La vita bella e per questo la vivo.”
La malattia lo ha cambiato. Gli ha dato sicurezza e forza. Fiducia in sé stesso e nella sua generazione.
“Un fiume che non puoi fermare. Se piove noi saremo il sole. Abbiamo chitarre da corteggiare, finché il pezzo va. Facciamo del mondo una sola città! Liberi di sognare. Liberi di viaggiare. Liberi di tornare. Liberi di respirare. Liberi nell’ideale. Liberi di pensare. Liberi di cambiare. Liberi, liberi di ballare. Liberi di cantare: che il mondo sia una sola città!”
Come un oceano che si apre a spazi infiniti, anche le sensazioni che trasmettono le parole dei testi di Giorgio, aiutano a riscoprire la profondità dell’elemento che tiene unita l’umanità: l’amore.
“Adesso capisco il vero valore di ogni gesto, ogni emozione, ogni pensiero, ogni sensazione, che non sono mai riuscito a spiegare. Tu puoi confermare, non sono bravo a cambiare. Io sono testardo ma giuro, voglio provare. In fondo tu, delle promesse che ci fai più? Se sarai da sola e avrai paura, pensami. Se sarai da sola e avrai paura credimi, io sarò lì. In ogni lacrima che dolce sfiorerà il tuo viso, in un consiglio che ti ho dato e non hai mai speso, in un abbraccio, una carezza che non ti ho mai reso, ma che avrei voluto”.
Dopo essersi diplomato al C.E.T. la scuola di Mogol ha scritto il suo primo album “Il Pastrano” che è l’immagine dell’anima di Giorgio. La sintesi della sua vita. Dei suoi sogni. Delle sue paure. Dei suoi amori. Delle sue debolezze. Dodici canzoni scritte con il cuore. Musiche che si ispirano al country, al rock, al pop italiano, perfino al valzer, in una escalation di varietà artistiche che fanno di Giorgio, un giovane artista originale e diverso, profondamento diverso, dagli altri.
Carlo Fantozzi