La violenza di genere, costituisce un fenomeno socialmente complesso che non ripercuote i propri effetti negativi limitatamente alla donna-vittima, ma che espone, in ambito domestico, i soggetti minori a episodi di violenza assistita, se non di child abuse.
Di tale correlazione è dato riconoscimento anche dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell’11 maggio 2011, strumento internazionale giuridicamente vincolante, più comunemente conosciuto come Convenzione di Istanbul e ratificato da parte dell’Italia con Legge 27 giugno 2013, n. 77.
L’ossatura della Convenzione si sviluppa lungo tre direttrici gergalmente chiamate “le tre P”, ossia prevenzione, protezione e sostegno alle vittime. Sotto il primo profilo, è previsto che gli Stati sottoscrittori adottino le misure legislative e di altro tipo necessarie onde consentire alle autorità competenti di valutare “il rischio di letalità, la gravità della situazione e il rischio di reiterazione dei comportamenti violenti” (art. 51). Ciò al fine di poter individuare gli strumenti più adeguati durante l’intero iter di protezione delle vittime. Precisa la Convenzione di Istanbul che, nell’ambito dell’applicazione delle misure di sicurezza, i bambini e le bambine vittime e testimoni di violenza contro le donne e di violenza domestica, devono poter usufruire di misure di protezione specifiche, che prendano in considerazione il loro interesse superiore (artt. 31 e 56, comma II).
In Italia, anche al fine di favorire il continuo impulso dell’azione governativa nell’attuazione degli obblighi internazionali, nell’ambito dei Piani strategici nazionali sulla violenza maschile contro le donne che si sono succeduti nel tempo – ad ultimo il Piano 2021-2023 -, grande attenzione è stata posta agli strumenti di valutazione e gestione del rischio. Tanto in coerenza con il principio del trattamento individualizzato e di tutela delle vittime, siano esse le donne oggetto immediato delle condotte ovvero i figli e le figlie minori.
Nei Piani nazionali precedenti tra le tecniche, buone prassi e metodologie consolidate in ambito di risk assessment e risk management, è espressamente indicato, alle autorità competenti e agli operatori sociali, di far ricorso al metodo Sara-Plus Underlying Risk (Sara-Plus o Surplus).
Sara-Plus è una evoluzione della metodica di valutazione del rischio di recidiva, nei casi di violenza interpersonale tra coppie, Spousal Assault Risk Assessment (Sara), originariamente elaborata in Canada e tra le maggiormente riconosciute ed adoperate negli Stati Uniti d’America e in alcuni Paesi europei, quali Grecia, Repubblica Ceca, Scozia, Svezia e Italia. Si tratta di un test soggettivo, non psicometrico, basato sull’applicazione di criteri oggettivi che, secondo numerosi studi scientifici, ricorrono nelle ipotesi di violenza di genere. Il protocollo è seguito, come procedura sistemica, sia presso i Centri antiviolenza (CAV), sia da parte delle autorità di pubblica sicurezza, come Carabinieri e Polizia. I fattori di rischio individuati sono riconducibili ai due ambiti principali della violenza agita nei confronti del partner/ex-partner e dell’adattamento psicosociale. Il test prende in esame, poi, gli elementi di vulnerabilità della vittima: se questa versi in uno status di “estremo terrore” per la propria incolumità o per quella dei figli; se la circostanza dell’affido condiviso dei figli minori da parte della vittima e dell’autore della violenza mini il senso di sicurezza e protezione della donna; se si siano verificati episodi di violenza assistita nei confronti dei minori e di child abuse.
In Italia, secondo le stime elaborate da Save the Children, sulla base di dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2015, tra il 2009 e il 2014 sarebbero circa 427.000 i minori che avrebbero assistito a scene di violenza domestica nei confronti delle proprie madri; nella maggior parte dei casi il responsabile è il padre. Secondo Save the Children, nello studio “Abbattiamo il muro del silenzio” del 2018, tali fenomeni sono in grado di incidere negativamente sullo sviluppo fisico, cognitivo e comportamentale dei minori: un bambino o una bambina sottoposti a forti stress e a episodi di violenza psicologica possono presentare dei deficit nella crescita di peso e statura, danni visivi e ritardi nello sviluppo psico-motorio e neuro-cognitivo, oltre a disturbi del linguaggio, evolutivi e dell’autocontrollo, difetto di autostima, scarse capacità di empatia e limitate competenze intellettive.
Nei casi peggiori, la violenza domestica sfocia nel più grave fenomeno del figlicidio (o bambinicidio). Con sentenza del 7 aprile 2022, la Corte europea di diritti dell’uomo, nella causa Landi c. Italia (n. 10929/19) ha condannato lo Stato italiano per violazione dell’art. 2 (diritto alla vita) della Carta europea dei diritti dell’uomo (CEDU), per l’omessa adozione da parte delle autorità nazionali competenti di misure protettive in favore di madre e figli, vittime di ripetuti maltrattamenti e violenze da parte del partner che avevano condotto all’omicidio di uno dei bambini e al tentato omicidio della madre. Un caso simile, anteriore, è Talpis c. Italia.
Il Gruppo di esperti/e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO), organismo indipendente di controllo dei diritti umani tenuto a monitorare l’attuazione della Convenzione di Istanbul, nell’ultimo rapporto, ha sollecitato le autorità italiane sul tema. L’Italia deve, difatti, garantire livelli più elevati di sensibilizzazione tra le figure professionali interessate (es. assistenti sociali, operatori e operatrici del settore legale e sanitario e gli psicologi) sui danni subiti da bambini e bambine testimoni di episodi di violenza domestica e offrire loro servizi di supporto adeguati e specifici per la varie età; ciò ponendo al centro l’interesse migliore del bambino e includendo procedure di valutazione del rischio.
Tale esigenza è stata più recentemente fotografata anche nel Disegno di Legge 21 aprile 2022, n. 2594 recante Disposizioni per la prevenzione del fenomeno della violenza nei confronti delle donne, della violenza domestica e la tutela del minore dagli episodi di violenza assistita. Il testo prevede mirate misure di sostegno alla genitorialità fragile, sportelli di ascolto per le donne, attività didattiche sul tema della prevenzione, azioni di contrasto del disagio giovanile causato da violenza familiare e di prevenzione di agiti domestici violenti in presenza di minori. Il legislatore, al fine di corroborare la propria funzione di progettazione di adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno in questione, ha adottato Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere che pone particolare attenzione all’esigenza di investigare le stime della violenza sommersa e di quella commessa dinnanzi a bambini e bambine, con Legge 5 maggio 2022, n. 53 contenente.
La valutazione e la gestione del rischio costituiscono, quindi, come evidente, con l’attività di prevenzione e di sensibilizzazione culturale, un ponte fondamentale per assicurare, alle donne e ai minori vittime, la tutela della propria incolumità, l’uscita dal circuito della violenza di genere e domestica, la presa in carico da parte di un sistema garantista e tutelante, al fine di recuperare piena dignità e autonomia e avviare percorsi di ripresa e inclusione sociale, lavorativa e scolastica.
Giulia Gozzelino