Sono diventato curatore e storico dell’arte grazie a mio padre che mi ha portato ad amare l’essenza del linguaggio artistico. Nel suo studio peritale d’arte nel cuore del quartiere Montesacro a Roma ho imparato ad avvicinarmi all’arte antica e contemporanea sviluppando la passione nel fare dialogare fra loro svariati stili artistici. Mio padre è morto nel 2008 ma è sempre vivo nel mio cuore e mi guida portandomi a creare nuove sinergie fra le gallerie d’arte, i musei, gli istituti di cultura e tante altre realtà attive sul territorio. Ma da dove è nata questa passione? Qual è stata la scintilla, l’impulso che mi ha spinto a portare l’arte nel cuore della gente? Sono state le letture dei suoi brani su una delle più grandi personalità della Storia dell’Arte: Giovan Battista Cavalcaselle. Recentemente ho avuto modo di riprendere un romanzo che mio padre ha scritto su di lui ed è stato emozionante per me ricostruire le vicende di questa grande personalità che ha fatto la Storia dell’Arte Italiana. Assieme a Sir Joseph Archer Crowe critico dell’arte e diplomatico inglese, scrisse la “Storia della pittura in Italia”. Quando ho ripreso in mano gli scritti paterni sono tornato indietro nel tempo, scoprendo l’arte del ‘200, del ‘400, ‘500 e non solo. È stato emozionante per me imparare l’arte dei più grandi artisti del Rinascimento. La pittura di Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio. Ho rivisto mio padre scrivere sui fogli di quaderno come se fosse un antico amanuense. Mentre scorrevo le pagine dei manoscritti ho rivisto l’epoca degli anni ‘80 e degli anni ‘90 come in un film. Ancora non esistevano i programmi di videoscrittura o perlomeno non erano diffusi come oggi. Per esempio al posto del copia-incolla le informazioni sui bollettini di guerra venivano fotocopiate e attaccate con il vinavil o la spillatrice. Scrivere su di un foglio di carta era un’arte densa di creatività e ingegnosità. Cavalcaselle è stato anche un patriota italiano che ha combattuto durante i moti risorgimentali rischiando tante volte la vita. Non bisogna dimenticare i sacrifici che ha fatto per divulgare e restaurare l’Arte Italiana. Quando rievochiamo con dimestichezza i grandi della Storia dell’Arte, come Giotto, Raffaello, ed altri ancora lo dobbiamo a lui. Giusta quindi la definizione di Nuovo Vasari della Storia dell’Arte. Per lui ammirare un’opera d’arte significava dialogare con l’autore e preservare di questi il nome nella storia. Riporto qui di seguito alcuni passi del mio romanzo intitolato “La via meravigliosa” per aiutare il lettore a scoprire la vita e gli aspetti fondamentali di questo grande patriota.
“Il Cavalcaselle era nato a Legnago in una cittadina in provincia di Verona il 22 gennaio 1819. Giovanissimo fu avviato a Venezia alla Scuola di Disegno e Pittura. Ma egli aveva un animo irrequieto e lo spirito da indagatore. L’arte in quel momento non passava un periodo roseo e Giovanni nella città lagunare si sentì subito attratto dalle opere d’arte della quadreria dell’Accademia e da quelle delle chiese. E fu così che i suoi passi echeggiarono in quei luoghi. Ecco il miracolo! L’incontro con il grande dipinto: “La processione a San Marco” del 1496 di Gentile Bellini della Scuola Veneziana di San Giovanni Evangelista. Quest’opera fu subito consona al suo carattere. L’apparizione della fantasmagoria dei colori rosso porpora dei costumi, il tormento dell’artista di cogliere nei più minimi particolari questo grande evento, portarono il Cavalcaselle a immedesimarsi nell’ispirazione della catarsi del dipinto di Bellini. Infatti i suoi occhi si spalancarono e le sue pupille brillarono di gioia. La fantasia andò in estasi. Ed ecco nella sua mente quel giorno. I personaggi si mossero in una piazza ricca di fasto. Udì il coro di mille voci cantare i salmi e gli parve di sentire nelle narici l’odore dell’incenso e del fumo delle candele, poste sui candelabri processionali. Vide senatori in gran pompa, i confratelli con gli stendardi, i baldacchini votivi, i reliquiari, i gruppi degli spettatori, il Palazzo Ducale con le caratteristiche architetture, i merli, le trame e i mosaici dorati, le colonne, le logge, con le dame affacciate che discorrevano, gli angeli alati, i pinnacoli, le torricelle, le bandiere rosse al vento e più su il bel cielo di Venezia. Ormai Cavalcaselle conosceva la strada da percorrere. In quel quadro ove in una mirabile sintesi il Bellini univa nella piazza il fasto imperiale dei dogi e la realtà del popolo, Giovanni aveva colto l’essenza pura dell’arte che sapeva ancora di aulica e perfetta grandezza. Quei disegni e i colori lo affascinavano e allora quando trovava una sedia o uno sgabello si sedeva e cominciava a disegnare e a prendere appunti sui restauri da farsi e su tutto ciò che concerneva i metodi di comparazione e la critica d’arte. Per esempio descriveva le macchie, i guasti, la scoloritura e i vari cretti d’epoca. Questi disegni sono stati conservati assieme ai suoi appunti ed oggi sono dei documenti validi per lo stato di pittura di allora. Fu così che scoperse il Bellini, il Tiziano, il Carpaccio e il grande Antonello Da Messina. Giovanni era sempre tormentato dentro di sé dalla mediocrità e quindi non cercava l’affermazione nella Scuola di Pittura, bensì altrove. Poiché tanto più grande è un critico, quanto più riesce ad entrare nella personalità dell’artista esaminato. Quindi Cavalcaselle sentì il bisogno di riordinare le scuole. Infatti in Italia e all’estero c’era molto disordine. Ma egli voleva il consenso del proprio padre, che sovvenzionava i suoi studi nella città lacustre. Infatti scriveva in una lettera del 1844: “Carissimo padre è mio dovere informarvi che ho cambiato indirizzo di studio. Vi prego credetemi non lascerò mai la strada dell’arte. Vi spiegherò meglio. Seguiterò sempre a disegnare e a scrivere cose riguardanti opere eccelse, ed a ordinare quello che oggi è solo confusione; di modo poi che quelli che verranno dopo possano leggere con più chiarezza l’eredità lasciata dai nostri artisti del passato. Il presente offre assai poco. Credetemi padre, sarei un mediocre pittore. Invece di fronte alla lettura di un buon dipinto, mi sento a mio agio perché rivivo gli attimi e i palpiti di quel tal artista. È meravigliosa la strada che sto percorrendo. So che tutti a casa, state facendo un grande sacrificio per me, ma sono sicuro che non ve ne pentirete. Ieri ho ricevuto la busta con il denaro. Vi ringrazio con molto affetto.”
La vita di Giovanni Battista Cavalcaselle è stata una grande avventura, un itinerario, un percorso alla scoperta della Grande Arte Italiana. Una Via Crucis fatta di sofferenza e passione. Era molto duro combattere contro gli austriaci a Venezia e lui aveva paura di perdere la vita da un momento all’altro mentre lottava con la baionetta. Tra lunghi giorni di guerra e periodi di pace Cavalcaselle assorbiva i valori morali del linguaggio artistico. Lui voleva continuare a vivere e a vincere le battaglie per continuare a poter vedere la meravigliosa Arte Italiana. Riporto dal romanzo questa scena di guerra tra l’esercito italiano e quello austriaco: “Giovanni era in mezzo a quel macello e sentì ancora di più nelle narici, l’odore dei cipressi e della campagna vicina, portato dal vento del mare. I nostri alla baionetta travolsero il nemico, che fuggì lasciando sul terreno morti, feriti, armi e zaini. Anche il generale Mittis fu trascinato via dai suoi, che si fermarono, soltanto, alle porte di Treviso. Era inutile inseguirli, poiché mancava la cavalleria e altri austriaci si erano trincerati dentro le case di Mestre. Bisognava stanarli di casa in casa. La battaglia divampava di nuovo più cruenta…
Cavalcaselle morì a Roma il 31 ottobre 1897. Viveva in povertà a Piazza Navona.
Piermarco Parracciani