“La mia vita è fatta di fallimenti, per scolpire qualcosa bisogna prima romperla” Jago
Jago, pseudonimo di Jacopo Cardillo, nasce a Frosinone nel 1987. Jago incarna la figura dell’artista che si affida solo a sé stesso, crea in modo istantaneo ed istantaneamente crea l’opera perfetta.
La grandezza di Jago risiede nel cimentarsi nella tecnica tradizionale di scultura del marmo, instaurando parallelamente un rapporto diretto con il pubblico tramite l’utilizzo dei social network per condividere il processo creativo delle sue opere. Infatti, come dichiara l’artista stesso, a volte è proprio la ripresa della realizzazione, la fatica ad interessare quasi più dell’opera stessa. Così facendo si viene a creare anche intimità tra l’artista e l’osservatore, perché assistendo alla realizzazione dell’opera dall’inizio, non solo si percepisce la difficoltà nel fare scultura ma l’artista ottiene idee, pensieri e riflessioni dallo spettatore. Ed è per questo che Jago, in particolare, ci arriva dritto al cuore e rimane lì impresso, proprio perché è un grande uditore ed, infatti, sostiene che per saper comunicare ed arrivare agli altri bisogna prima saper ascoltare.
Mi soffermo su di una frase pronunciata dall’artista: “Utilizzo il marmo come materiale legato alla tradizione ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo. Il legame con il mondo è fortissimo, guardo a ciò che mi circonda, gli do forma e lo condivido”, che ci fa capire la sua impronta mentale ed artistica, tanto che, chi lo ammira, saprebbe riconoscere una sua opera in mezzo a mille, le sue sculture parlano da sole, hanno vita propria. D’altronde, Jago non fa altro che realizzare opere in base alle emozioni che prova, vivendo l’arte in maniera del tutto libera ed affrontando temi attuali inserendovi mente, cuore e mani. Jago è un vero e proprio artista autodidatta, dentro di lui c’è stato sin da subito il desiderio di arrivare dritto al cuore di un vasto pubblico, riuscendo a conquistarsi il palcoscenico perché, di fatto, mette tutto sé stesso nelle “sue creature” e questo si percepisce osservando l’opera. “Se vuoi capire cosa fare, devi fare” e da questo concetto Jago pensa, progetta e crea. E’ un’artista a sé, anche nel modo tecnico di lavorare, infatti, se si osservano attentamente i video mentre crea, si può notare che in una mano spesso tiene la fresa o lo scalpello e nell’altra, contemporaneamente, tiene l’aspirapolvere. Non a caso si definisce l’artista della polvere e del rumore.
Risaltare un’opera in particolare piuttosto che un’altra, non valorizzerebbe mai abbastanza l’unicità e la meraviglia delle opere di Jago: posso però citare una delle tante che amo in particolar modo, intitolata “Lookdown”, che venne installata in Piazza del Plebiscito nel cuore della città di Napoli, nel 2020, una scultura raffigurante un neonato rannicchiato ed inchiodato al terreno da una grande catena. Nel titolo dell’opera vi è ovviamente un gioco di parole, non a caso il titolo ricorda “lockdown”, ovvero la parola più utilizzata nel periodo di pandemia. Il significato dell’opera? Jago rispose “Un invito a guardare in basso i problemi della società, a chi in quel periodo storico fu lasciato incatenato nella propria condizione, un invito a guardare ai più fragili”. Oltre ad essere di una bellezza unica, la scultura è un’opera simbolica che, come spesso accade con Jago, non si accompagna a grandi spiegazioni, perché non ne necessita.
L’arte parla da sola, brilla di luce propria, con il linguaggio di chi la osserva e di chi si emoziona e sa emozionarsi. La nota distintiva di Jago dagli altri artisti, a mio avviso, risiede nel fatto che lui non ha alcun bisogno di dover spiegare le sue opere, tantomeno di dover spiegare i titoli che conferisce alle sue creazioni. Credo che un vero artista, come Jago, domina la scena dal momento in cui esponendo una sua creatura, è lei la sola a dominare la scena, a riempire di luce il luogo dove si espone, così muta e fredda, l’opera di marmo di Jago, ti parla.
Eleonora Vicari