Bill Viola (New York 1951) è uno dei più prolifici video artisti della scena internazionale. Le sue opere di videoarte sono un mix di linguaggi e di stili diversi. In alcuni suoi lavori l’arte antica dialoga con l’arte contemporanea. Le sue video installazioni creano un rapporto interattivo con lo spettatore che viene coinvolto in un bagno di emozioni e di sensazioni. Lo spettatore impara a sentire l’arte e la vita. Conosce la realtà e impara a sentirla, a percepirla con la mente e con il cuore. Viola come i più grandi video artisti trasforma lo spazio museale in uno spazio multisensoriale e percettivo che l’opera video plasma arricchendolo di nuovi simboli, nuovi valori. Allarga la dialettica semiotica con le altre opere d’arte. Ci porta a scoprire l’arte antica attraverso effetti sonori, visivi, sensoriali. In questo modo riusciamo a vedere e scoprire gli aspetti più nascosti, più segreti dell’artista. Questo lo ritroviamo per esempio nell’installazione “Bill Viola per Capodimonte” al Museo di Capodimonte, Napoli (2011). Nella sala Causa del Museo vennero allestiti sei video: “The Quintet of the Astonished” e “Union” del 2000, “Observance” del 2002, “The Raft” del 2004, “Transfiguration” del 2007, “Three Women” del 2008. In queste opere l’artista tratta temi quali la trasfigurazione e la rinascita. Emerge con grande intensità il tema della “soglia”, degli ingressi tra quello che c’è fuori e dentro il nostro essere. L’installazione si trasforma in uno spazio sensibile che ci fa scoprire e toccare con mano il genio immortale e che allo stesso tempo ci porta ad avvicinarci al mistero della vita e della morte. Per esempio in “The Quintet of Astonished” i volti dei personaggi esprimono emozioni umane e universali, quali la sofferenza spirituale, il dolore fisico, la rabbia, la paura e la gioia che entrano in relazione con i dipinti di Caravaggio. Nei primi anni 70 Viola affronta temi quali la percezione visiva e sensoriale prodotta dalle cose o dai contesti ambientali. In “Bank Image Bank” (1972), ha ripreso in diretta la vita di un istituto bancario e in “Chott el Djerit” (A Portrait in Light and Heat) del 1979 ha studiato la luce e il calore nel deserto. Nel corso degli anni ottanta, i suoi video assumono sempre di più una connotazione teatrale. Per esempio “Room for St. Jhon of the Cross” (1983), video nel quale viene ricostruita la cella del santo completata da una voce di sottofondo che ne recita le parole. Nel corso degli anni novanta Viola si sofferma di più su tutto ciò che caratterizza l’esistenza umana. Lo fa attraverso dei lavori sempre più complessi ed articolati. In “Passing” (1991) rappresenta una allegoria della vita e della morte, attraverso scene acquatiche e immagini notturne. In “Passage” (1992), rappresenta il volto di un bambino ripreso nel giorno del suo compleanno e proiettato al fondo di un corridoio lungo e stretto. Tutto questo è il simbolo del percorso di crescita che si appresta ad intraprendere. In “Ascension” 2000, rappresenta un corpo umano che cade nell’acqua proiettato al contrario, che sembra rinascere risalendo in superficie. Come sopra detto vi sono molte opere di Viola che risentono dell’influsso dell’arte antica. Oltre alle installazioni che ho sopra descritto ci sono anche “Greetings” (esposto alla Biennale di Venezia del 1995), ispirato alla “Visitazione” di Jacopo Pontormo. “Viola: The Passions” (2003-04), rielaborano elementi iconografici e iconologici classici in chiave moderna. L’opera di Viola spazia anche sul genere teatrale. Ricordiamo il suggestivo allestimento del “Tristan und Isolde” di Richard Wagner (2005). Viola è un artista che non finirà mai di stupirci e il suo lavoro sarà di esempio anche per tanti giovani artisti che vogliono intraprendere la strada della videoarte. La sua è un’arte che ci invoglia anche a sconfinare dallo spazio del quadro, dal museo per poter creare qualcosa di alternativo, di nuovo.
Piermarco Parracciani