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17 Gennaio 2025
Italiani nel Mondo Rubriche

L’italiano nel Mondo

Non lontani dalle celebrazioni per l’anniversario della morte del sommo poeta Dante, non potevamo esimerci dal dedicare qualche riga alla nostra cara lingua italiana e a come questa si sia inserita nel contesto globale.
Prima di valutare altri aspetti mi sembra, però, doveroso fare un piccolo sunto di storia della nostra lingua.
Al periodo in cui si assisteva al declino della potenza dell’Impero romano seguì, in vaste aree allora poco latinizzate per via della presenza di altri invasori, come le coste africane e quelle dell’Asia minore, l’estinzione della lingua latina.
Contemporaneamente, altrove, si assisteva al rafforzamento della stessa lingua che col tempo si sarebbe differenziata localmente declinandosi nel linguaggio “volgare” poi definito “dialetto”, termine greco che stava a identificare le particolarità linguistiche regionali. Tra l’VIII e il IX secolo, infatti, si assisteva in Europa ad un nuovo assetto dei popoli latini e germanici che diedero vita all’elaborazione di nuove lingue.
Fu proprio nei territori latini che, grazie al recupero della cultura classica e degli input ricevuti dai nuovi popoli invasori, sopraggiunse l’uso scritto dei volgari che avrebbero dato vita alle lingue neolatine. A causa dei poteri alleati con il papato, il disegno longobardo di creare un regno unito simile a quello dei Franchi fallì. Frazionata politicamente, l’Italia aveva come unico fattore di coesione quello culturale che si rifaceva al modello romano. Ed è da questo preciso momento che prolifereranno testi scritti a testimonianza della lingua volgare riguardanti storie di vita quotidiana, brevi atti notarili, testi religiosi e poetici. Un primo tentativo di “creazione” di un linguaggio unico che si distaccasse dagli usi regionali avvenne con la nascita della “scuola poetica siciliana” intorno al 1225, iniziativa promossa da Federico II di Svevia.
Quel che fece la differenza fu la tradizione di una lingua unica e scritta che padroneggiava la borghesia e la società mercantile della città di Firenze. Base di questa lingua unica era l’idioma parlato in città tra il ‘200 e il ‘300 che ebbe, successivamente, anche altre influenze.
Giovarono alla formazione della lingua i testi della scuola di Bologna, dei grandi scrittori fiorentini Dante, Petrarca e Boccaccio, e di artisti come Giotto e Cimabue. L’enorme potere culturale, appoggiato da quello economico, prevalse su quello politico dando vita ad una nuova cultura linguistica prestigiosa che da Firenze venne esportata e accolta in tutto il paese e diede lustro oltre i confini alla civiltà italiana.
Nel ‘500, poi, sempre nel capoluogo toscano venne fondata l’Accademia della Crusca, la cui funzione era la scelta dell’uso corretto si termini e espressioni e che deve il nome alla lavorazione del grano alla fine del quale vi è la separazione dagli scarti (la crusca) e la farina (la lingua italiana).
Lo sviluppo e l’affermazione della lingua, non solo riservata ad un ceto alto, sopraggiunse nei secoli successivi con il parallelo cambiamento della società e della cultura del nostro Paese.
Arriviamo ad oggi, numerosi sono i riferimenti alla lingua e alla vasta cultura del nostro bel paese nel mondo. Secondo le informazioni raccolte dalla rivista “Ethnologue”, specializzata nello studio delle lingue più o meno conosciute, l’italiano è una lingua parlata in 43 Paesi del mondo ed è al 26° posto nella classifica globale per numero totale di parlanti. Leggendo un po’ sul web sono poco chiare e contrastanti le indicazioni relative alla lingua. Mi sento, però, di affermare che ci sia stata, negli anni, una globalizzazione anche nel campo della linguistica globale e che molte lingue abbiano normalmente adottato per questioni di semplicità (legata al singolo termine e alla sua trasposizione dell’immaginario comune) termini di altre lingue sostituendo i predecessori. Nella nostra lingua per esempio campeggiano i termini come cool o chic (solo per fare due banali esempi) e sono essi oggi di uso comune.
Più volte mi è capitato di leggere riviste internazionali che utilizzano termini italiani come “ciao” anche solo per attrarre anche l’attenzione del lettore, o che in un film in lingua originale l’attore chieda un gelato chiamandolo proprio così.
Piccolezze che fanno ormai parte della nostra vita. È come se le nuove tecnologie ci avessero permesso di avvicinarci così tanto virtualmente da permettere ai vari linguaggi di fondersi. Una “tastiera” per tutto e tutti quindi.
Certamente le enormi ondate migratorie dall’Italia verso il resto del mondo, abbiano portato moltissimo della nostra cultura nelle altre società. Parte di questa cultura è la nostra lingua che, pian piano, è riuscita ad affermarsi e a farsi apprezzare come tutte le altre.

Annalisa Iaconantonio

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