Con il decreto milleproroghe rinviata al 1° gennaio 2027 l’attuazione sull’intero territorio nazionale.
Dal 30 settembre 2025 verrà avviata la sperimentazione in altre 11 province italiane
Nel numero di febbraio della nostra rivista, ci siamo occupati della riforma introdotta per il riconoscimento della disabilità, che prevede l’accentramento all’INPS delle funzioni di Ente accertatore, quindi, il superamento delle commissioni Asl, l’introduzione del nuovo certificato medico finalizzato allo scopo e, infine, il progetto di vita.
Nel presentarla avevamo segnalato come, in realtà, nelle nove province, ossia Brescia, Firenze, Forlì-Cesena, Catanzaro, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste, in cui era stata avviata la fase sperimentale e che dovevano essere le realtà pilota dell’intera riforma, si erano già riscontrate delle gravi criticità connesse soprattutto al ruolo del medico di base e, più specificatamente, alla documentazione che deve allegare al certificato trasmesso telematicamente per l’avviamento della domanda di riconoscimento di invalidità civile.
Il certificato medico introduttivo
La nostra segnalazione era basata sul fatto che, per poter redigere il cosiddetto certificato medico introduttivo, che andava a sostituire la domanda amministrativa precedentemente inviata dal richiedente la prestazione di invalidità o, dagli Enti preposti e abilitati a cui lo stesso aveva dato mandato e completarlo di tutta la documentazione necessaria, i medici devono avere una preparazione ad una formazione professionale, diversa da quella a cui sono abituati e, di conseguenza, era evidente che non si poteva improvvisare, pena la non riuscita della riforma.
Come si ricorderà avevamo altresì segnalato che, dopo la fase sperimentale nelle sopra ricordate nove province, dal 1° gennaio 2026, la riforma sarebbe partita sull’intero territorio nazionale.
Il Parlamento italiano, con una maggioranza composta da 165 voti a favore, contro 105 contrari e 3 astenuti, nell’approvare il decreto milleproroghe, si è occupato di questa riforma, stabilendo che la stessa sarà operativa dal 1° gennaio 2027, quindi, slitta di un anno, nel frattempo sono state indicate altre 11 province, nelle quali, dal 30 settembre 2025 dovrà essere avviata la sperimentazione. Queste sono: Alessandria, Lecce, Genova, Isernia, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza, Provincia autonoma di Trento e Aosta.
In merito, la Ministra della disabilità, Alessandra Locatelli, ha precisato che: “Il cambiamento è iniziato e indietro non si torna. Stiamo cambiando l’approccio nella presa in carico della persona con disabilità, semplificando le procedure e superando le estreme frammentazioni tra le prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali. Abbiamo già chiarito alcuni aspetti sulle procedure grazie alla collaborazione con l’Ordine nazionale dei medici, di medicina generale e pediatri di libera scelta e all’Inps che sta affiancando i medici nei territori per risolvere anche gli aspetti legati alle procedure tecnologiche. Nel 2026 – conclude il ministro Locatelli – le nuove modalità di valutazione e l’introduzione del Progetto di Vita continueranno ad essere applicate con determinazione, in modo progressivo e costante, come previsto dalla normativa, fino a quando sarà applicata in tutto il territorio nazionale”.
In verità registriamo che le nostre preoccupazioni, basate solo sulla esperienza diretta ed il confronto con i medici interessanti che operano nelle prime nuove province, erano estremamente fondate, al punto che si è provveduto al rinvio dell’introduzione della riforma sull’intero territorio nazionale, per il momento di un anno, per il futuro si vedrà. Nel frattempo, in questa fase di sperimentazione, per facilitare la riforma, con uno stanziamento di 900.000 euro è stata creata e affiancata al Ministro della disabilità una segreteria tecnica, che resterà operativa fino al 2027.
Un sistema personalizzato
L’augurio che ci facciamo è che questo rinvio non incida negativamente sul “progetto di vita”, inteso come superamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali standardizzate, ossia uguale per tutti, ma l’introduzione di un sistema personalizzato chi si fonda sui principi del superamento di pregiudizi e sulla scelta personalizzata di un progetto di vita perché, le persone disabili, hanno potenzialità, idoneità e capacità che vanno solo individuate e valorizzate.
In questo senso, al momento della presentazione della riforma, la stessa Ministra Alessandra Locatelli aveva detto: “Siamo davanti ad una svolta epocale nella presa in carico della persona con disabilità. L’anima di questa norma risiede nel superamento della logica delle prestazioni, oggi estremamente frammentate tra sanità e sociale, e nella garanzia che ogni persona con disabilità possa essere protagonista della propria vita attraverso il progetto di vita personalizzato e partecipato, a partire dai propri desideri e rispondendo ai suoi bisogni, proprio come previsto dalla Convenzione Onu”.
Dopotutto, il decreto legislativo 3 maggio 2024, n 62, introdotto allo scopo di garantire, nel rispetto dei principi e dei diritti delle persone con disabilità, riconosciuti dalla Convenzioni delle Nazione Unite, “anche attraverso il ricorso all’accomodamento ragionevole e al progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato secondo i principi di autodeterminazione e non discriminazione” il pieno accesso ai servizi e alle prestazioni, “su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti”.
Il progetto di vita
Nello specifico l’art. 18, comma 1, dello stesso decreto, precisa che: “Il progetto di vita è diretto a realizzare gli obiettivi della persona con disabilità per migliorare le condizioni personali e di salute nei diversi ambiti di vita, facilitandone l’inclusione sociale e la partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri”.
Superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale
Il comma 2 sottolinea: “Il progetto di vita individua, per qualità, quantità ed intensità, gli strumenti, le risorse, gli interventi, i benefici, le prestazioni, i servizi e gli accomodamenti ragionevoli, volti anche ad eliminare e a prevenire le barriere e ad attivare i supporti necessari per l’inclusione e la partecipazione della persona stessa nei diversi ambiti di vita, compresi quelli scolastici, della formazione superiore, abitativi, lavorativi e sociali.
Nel progetto di vita sono, altresì, comprese le misure previste a legislazione vigente per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale, nonché gli eventuali sostegni erogabili in favore del nucleo familiare e di chi presta cura ed assistenza ai sensi dell’articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”.
Il comma 3 afferma che: “La persona con disabilità è titolare del progetto di vita e ne richiede l’attivazione, concorre a determinarne i contenuti, esercita le prerogative volte ad apportarvi le modifiche e le integrazioni, secondo i propri desideri, le proprie aspettative e le proprie scelte. La persona con disabilità può chiedere l’elaborazione del progetto di vita all’esito della valutazione di base, fermo restando quanto previsto dall’articolo 35, comma 4”.
Al comma 4 si evidenzia che: “Il progetto di vita deve essere sostenibile nel tempo ovvero garantire continuità degli strumenti, delle risorse, degli interventi, dei benefici, delle prestazioni, dei servizi e degli accomodamenti ragionevoli, sempre nel rispetto della autodeterminazione del beneficiario.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle relative competenze, garantiscono l’effettività e l’omogeneità del progetto di vita, indipendentemente dall’età e dalle condizioni personali e sociali”.
Favorire la libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere
L’articolo 20 tratta la “Libertà di scelta sul luogo di abitazione e continuità dei sostegni” precisando che “Il progetto di vita tende a favorire la libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere, individuando appropriate soluzioni abitative e, ove richiesto, garantendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socioassistenziali, salvo il caso dell’impossibilità di assicurare l’intensità, in termini di appropriatezza, degli interventi o la qualità specialistica necessaria”.
Per il resto, ossia per la forma e il contenuto del “progetto di vita”, con gli obiettivi che individua la persona con disabilità e gli interventi nelle aree di apprendimento, socialità e affettività, formazione, lavoro, casa, habitat sociale e salute, rimandiamo alla lettura del decreto.
Per il momento, il nostro augurio è che le difficoltà registrate per le attuazioni della riforma, non incidano negativamente su un argomento che sta a cuore, non solo a tutti noi che operiamo nel settore, ma a tutti coloro che basano la loro vita sui principi di equità e di rispetto dei diritti di tutte le persone, indipendentemente dalle loro condizioni fisiche e mentali.
Carlo Fantozzi