Dopo una piccola pausa, siamo ripartiti più carichi di prima e abbiamo conosciuto e intervistato una giovane genovese così appassionata del suo lavoro e carica d’entusiasmo da spingerci ad incuriosirci alla sua storia. Il suo nome è Ylenia Tripodi, che ha lasciato l’Italia per trasferirsi nella città di New York per un’esperienza formativa legata ai suoi interessi e alla sua formazione e alla fine ha deciso di proseguire la sua esperienza lì. Conosciamola meglio.
Raccontaci un pò di te e del percorso che ti ha portato fino a qui.
Avevo il desiderio di fare un’esperienza a New York durante il mio percorso universitario. Mi sono laureata in storia dell’arte contemporanea all’Università di Genova. Durante i miei studi ho scoperto la “Dia art foundation” (www.diaart.org) e ho deciso di scrivere la mia tesi di laurea basandomi sul periodo artistico su cui si focalizza il loro intero lavoro. Pur non essendo appoggiata dal mio istituto che gestisce solo i programmi Erasmus, non mi sono scoraggiata e, da appassionata di conservazione e restauro, ho contattato direttamente la fondazione dove ho svolto un’intership di 5 mesi intensi in cui assistevo la curatrice delle mostre. L’esperienza è stata così interessante che, una volta rientrata in Italia, ho pensato di iniziare a vedere se ci fosse la possibilità di inseririsi lavorando per loro. Rientrata in America mi sono recata presso i loro uffici centrali e ho lasciato il curriculum. Il giorno dopo mi hanno richiamata. Sono diventata responsabile dei contatti e le informazioni in Europa per la loro art guide, la loro applicazione all’epoca in fase di rodaggio che, attualmente, prevede la geolocalizzazione e la possibilità di sapere quali sono le esibizioni da visitare nello stesso luogo. Pian piano il lavoro si è stabilizzato e sono diventata responsabile della sezione economico finanziaria gestendo inserzionisti, collezionisti e clienti fino al 2018. Pur essendo molto legata al luogo (che considero come la mia prima casa) e al ruolo che ricoprivo, avevo deciso di cambiare per fare un’ulteriore esperienza. E’ in questo periodo che mi sono trasferita alla Paula Cooper Gallery (www.paulacoopergallery.com).
Di che cosa ti occupi nello specifico?
Dal 2018 lavoro per la Paula Cooper Gallery una galleria d’arte contemporanea nata negli anni ’70 a Soho considerato allora il cuore dell’arte contemporanea della grande mela. Ora, invece, abbiamo due sedi dentro la città una delle quali a Chelsea che è il nuovo distretto per le arti contemporanee newyorkese. Qui ci occupiamo di esporre artisti legati alla corrente del minimalismo concettuale ed altri talenti emergenti. In questo contesto ricopro il ruolo di assistance director of finance occupandomi della gestione finanziaria e logistica.
Dove vivi e perché hai scelto questa città?
Io vivo nel quartiere di Brooklyn, vicino a Prospect Park che è stata la mia via di fuga durante la pandemia e il lockdown. Penso che per vivere bene in una città così bisogna volerlo. E’ vero che ti offre tutte le possibilità di cui si necessita dalle più banali quotidiane a quelle più complesse ma, allo stesso tempo ti mette a dura prova essendo un città molto frenetica che non dorme mai. Vivere qui richiede molte energie ma, si è ampiamente ripagati.
Quali sono gli obiettivi che ti sei posta quando hai deciso di trasferirti?
Io sono partita semplicemente per poter fare un’esperienza che poi si è trasformata in altro. Il mio obiettivo principale è rimanere a lavorare nel mio settore.
La tua giornata tipo?
Sveglia presto, pratico yoga e poi in galleria dalle 10.00 alle 18.00 soltamente. Nel weekend le gallerie organizzano gli opening dopo il solito orario di chiusura ed è molto bello passeggiare per le vie curiosando o osservando nuove opere e poi trascorrendo il resto della serata con amici.
Cosa spinge i giovani a partire?
La città in cui mi trovo io offre tantissime offerte ed è molto meritocratica. I giovani italiani, secondo me, sono un po’ stanchi del sistema. Ma a prescindere da questo io penso sia molto importante partire, confrontarsi e imparare anche ad apprezzare maggiormente quelle che sono le opportunità che il proprio Paese offre. Per partire bisogna innanzitutto sapersi adattare a nuovi modi di vivere.
Qual è la differenza tra il mondo del lavoro italiano e quello americano?
Uno delle principali differenze penso sia legato alla possibilità di reinventarsi a prescindere dall’età.
Che consiglio daresti ai giovani che vogliono intraprendere un percorso simile al tuo?
Di farlo senza pensarci troppo. Io lo consiglio sempre.
Progetti per il futuro?
Mi piacerebbe fare un’esperienza museale e, perchè no, anche rientrare in Italia.
Annalisa Iaconantonio