Il conflitto in Ucraina non promuove i processi di resilienza
Come professionista della salute mentale del terzo millennio, vorrei portare l’attenzione del lettore su alcuni punti, al fine di organizzare delle coordinate riflessive, che non possono risultare evidentemente esaustive rispetto al tema in questione.
1° Punto: a distanza di due anni dall’esordio della catastrofe planetaria denominata Pandemia da Coronavirus – Covid-19, non possiamo più parlare di Emergenza Pandemica ma piuttosto indicare questo tempo, con le previsioni di un futuro, forse meno buio e più luminoso grazie ai vaccini, come ERA COVID. A tale proposito, direi che noi siamo all’interno di una spirale trasformativa, di cui è difficile ipotizzare prospettive o cambiamenti di qualsivoglia natura. Questa sorta di indeterminatezza disegna scenari non certo rassicuranti rispetto alla qualità di vita dei prossimi anni.
2° Punto: vale la pena di sottolineare con più incisività quell’aspetto, definibile come trasmutazione antropologica, connesso al clamoroso avvento delle tecnologie digitali, che hanno rivoluzionato, dalla fine del secolo scorso, non solo il mentale ma anche la semiologia posturale e gestuale degli esseri umani. Rispetto a questo genere di tecnologie, sia gli adolescenti che i giovani adulti posseggono, senza ombra di dubbio, competenze innate: si è verificata, allo stato attuale, una radicale trasformazione degli stili esistenziali. Tale strumentario multitasking, rivelatosi indispensabile, anche per le generazioni più adulte, nella gestione del disagio psichico correlato alla pandemia, ha promosso senz’altro processi di resilienza termine inteso nell’accezione di capacità nell’affrontare e superare un evento traumatico. Pur tuttavia, non può essere considerato come la panacea rispetto alle sequele psicologiche e psicopatologiche relative ad una circolazione del Coronavirus che ha oltrepassato i limiti temporali previsti. Gli ultimi eventi inerenti l’invasione dell’Ucraina a opera della Russia, con il rischio dell’innesco di una guerra molto più estesa rispetto ai confini geografici, rende ancora più acuta la percezione di precarietà dell’essere al mondo in particolare nelle nuove generazioni. Nella sfera del cosiddetto benessere psichico si presentano, dunque, esasperate, alcune dimensioni emozionali come la sensazione di fragilità, l’alerting, la pericolosità del contatto (con inquietanti risvolti sugli spazi dell’intimità), l’attenzione al distanziamento. Inevitabile il riflesso sulle condizioni mentali delle persone, specie su chi già è afflitto da problematiche psicologiche di un certo rilievo.
3° Punto: quali gli effetti sulla condizione psichica e sulla clinica delle relazioni nel mondo occidentale? Numerosi studi e le prassi operative nel campo della salute mentale, documentano l’incremento in questo biennio, di forme del malessere giovanile quali disturbi depressivi e ossessivi, compulsioni, dipendenze (da non sottovalutare quelle da internet, le cosiddette “new addictions”), disordini del comportamento alimentare, ansie psicotiche, condotte di devianza sociale. Questi assetti problematici, in talune circostanze severamente sintomatici, vanno, a mio avviso, correlati a un costrutto psicopatologico di marca melanconica. La significazione del tempo e lo stravolgimento della temporalità rappresentano la vera centralità del vissuto melanconico e della psicopatologia depressiva. Il tempo del melanconico è caratterizzato dalla perdita di tutte le caratteristiche di linearità, di dinamicità, per divenire un non-tempo, un tempo che è al di fuori di ogni durata. Il rischio psichico risulta tanto più concreto in quanto connesso con l’allentamento dei “fili” che formano la trama della sequenza degli eventi e con lo stravolgimento degli intrecci dei vari piani temporali. Quello che lascia attoniti nell’esperienza melanconica e depressiva è la condizione in cui questa frattura colloca l’individuo: una prigionia all’interno di un tempo sclerotico, in assenza di varchi temporali. Il giovane melanconico sembra essere privo di una progettualità: il futuro è escluso alla luce di un passato irrimediabilmente perduto, l’universo del soggetto non più abitato dalla memoria degli affetti.
Da psichiatra e da psicoterapeuta direi che l’ipotesi più accreditata in ambito clinico-scientifico conferma quanto la cifra stilistica del nostro tempo sia l’incertezza divenuta ingrediente costante e persistente della complessità del vivere, foriera di angoscia prevalente e di una svariata gamma di produzioni sintomatiche il cui tenore è spesso di marca psicopatologica. L’angoscia distacca l’uomo da tutte le sue relazioni abituali, ponendo in discussione il mondo che lo circonda e lo sostiene: il nulla è l’esperienza di questo essere “deietto”, dell’essere gettati in un universo “estraneo”. L’angoscia è inquietudine, “rivelatrice del nulla”. Non si può sottovalutare il significato profondo che un’esperienza traumatica planetaria, quale quella del Covid e, in seguito, del rischio di un conflitto bellico a livello mondiale, può avere sulla psiche umana. La percezione dell’esistere, dell’essere ancora, nonostante tutto, coesiste con la spinta alla sopravvivenza che non coincide affatto con la pienezza del vivere.
4° Punto: L’evento traumatico presentifica nelle nostre vite l’irruzione dell’incertezza ontologica, lo sgretolarsi dei miti della sicurezza, della completezza, dell’esaustività, dell’onniscienza, che per secoli, quali comete, hanno indicato e regolato il cammino e gli scopi dell’Homo Sapiens Sapiens e dell’evoluzione. Il delinearsi di un universo incerto ratifica la condizione di precarietà esistenziale dell’essere umano. Molteplici gli effetti sulla dimensione identitaria: espropriato dello spazio, del tempo, dei ritmi, dei propri oggetti e del loro significato simbolico, del proprio ruolo, delle proprie abitudini e sicurezze, l’individuo si è trovato a dover prendere possesso, forzatamente, di una nuova realtà psicologica e a mettere in atto un processo di adattamento ad una situazione che ha imposto perdite, rinunce, per alcuni anche imponenti, definitive. Gli adolescenti e i giovani adulti, in particolare, rischiano di smarrire ogni rapporto con tutto quanto rappresenta uno spazio di riconoscimento e di appartenenza. Sono costretti a mettere in atto meccanismi di adeguamento a una realtà che spesso si configura come anonima e spersonalizzante, dal momento che la loro individuazione come soggetti adulti è strettamente legata al funzionamento dei contesti di riferimento in particolare l’intersezione tra ambiente familiare ed ambiti sociali. Sono le trame di relazione a caratterizzare la confezione dei rapporti e la produzione di significati.
La capacità di legame, di “legare e di legarsi”, di “prendersi cura ed attaccarsi” ha un alto valore adattivo per l’individuo. Quello che si perde quando si modificano le forme, gli schemi di relazione, gli stili interattivi, con cui un legame si esprime sono appunto opportunità (come la soddisfazione di determinati bisogni) e vincoli. L’Era Covid e le misure di contenimento del contagio hanno destabilizzato tutto quello che avesse a che fare con il concetto di luogo sicuro consegnando, in particolare, i giovani a una condizione emotiva di spaesamento, di disorientamento, essendo stato totalmente ribaltato il concetto di confine. Le forme espressive di questa sofferenza psichica sono quelle di cui sopra: depressione, ansia, disturbi alimentari, dipendenza ma anche ritiro autistico, isolamento, psicosi (con crisi pantoclastiche di rabbia distruttiva).
Le condotte antisociali che spesso sfociano in aggregati gruppali caratterizzati dalle balorde pratiche di bullismo o anche di cyber-bullismo ai danni del prossimo, segnalano la provenienza non tanto da un degrado sociale ma da uno smarrimento dei vettori che garantiscono la possibilità di recuperare la consistenza simbolica di un’appartenenza.
Ester Livia Di Caprio
Professoressa di Psichiatra e Psicoterapeuta
Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva, Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli – Commissione Ricerca SIPPR- Consigliere CD SIPO Nazionale Direzione Scientifica Ecopsys – Board Member of Journal of Psychosocial Systems