“L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. Camillo Finocchiaro Aprile
Una domenica in cui non hai voglia di fare grandi cose e sei quasi sopraffatta dall’astenia, ecco che arrivano in soccorso un gruppo di amiche: Clementina, Sirlene, Valentina, Roberta e Paola che mi propongono di fare un giro turistico per la nostra città: Palermo.
Il percorso prevede: partenza dal teatro Massimo, passeggiata lungo via Maqueda, sosta a Piazza Pretoria e visita alla chiesa e monastero di Santa Caterina.
Il nostro appuntamento è alle 10.00 ai tavolini esterni del bar del teatro Massimo. Questo è il più grande edificio teatrale lirico d’Italia terzo in Europa dopo l’Opéra Nazional di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Con il nome “Massimo” si intende la massima istituzione teatrale con i suoi 3200 posti a sedere. I lavori furono diretti inizialmente da Filippo Basile ed alla sua morte dal figlio Ernesto. Fu inaugurato nel 1897 con il Falstaff di Giuseppe Verdi. Il teatro sorge dove un tempo si trovavano tre chiese ed altrettanti monasteri. Un caffè preso ammirando tanta bellezza è un lusso ed il teatro Massimo è un’opera d’arte meravigliosa. Rinfrancate dalla colazione e guidate dalla nostra amica Clementina (insegnante d’arte) cominciammo la passeggiata lungo la via Maqueda, strada storica di Palermo intitolata al duca di Maqueda Bernardino de Cardenas y Portugal, vice re di Sicilia che la tracciò.
Una delle prime frasi che ci disse Clementina passeggiando fu: “avete mai visto una Madonna incazzata?“. Fui stupita tanto quanto le altre amiche al pensiero di attribuire un sentimento simile alla Madonna, ma in effetti per la prima volta nella mia vita, grazie alla nostra sapiente guida, la vidi… Nella chiesa della Madonna del Soccorso, sopra il portale è collocata la statua della Madonna della mazza. La vergine infatti, viene raffigurata nell’atto di brandire una piccola clava per scacciare il male. È stupefacente scoprire cose mai viste e conosciute della propria città.
Continuammo la nostra passeggiata in via Maqueda per circa 1 km, immerse nelle nostre chiacchere, facendoci strada tra le decine di bar, ristoranti e negozi, brulicanti di turisti, comprese noi, “turiste non per caso” nella “nostra” Palermo.
Un percorso questo che accompagna chi lo fa, in un vero e proprio viaggio all’interno della storia multi culturale di questa città. All’incrocio tra via Maqueda e Corso Vittorio Emanuele ci soffermammo qualche istante ad ammirare i “Quattro Canti”, piazza che ad ogni angolo ospita le statue di Sant’Agata, Santa Cristina, Santa Ninfa Santa Oliva. Quattro come il numero dei re che dominarono Palermo a partire dal 1630. Quattro come il numero delle stagioni egregiamente rappresentate.
Camminando ancora ci ritrovammo a Piazza Pretoria anche detta “Piazza della vergogna”. Magnifico esempio d’arte, il suo soprannome non è dovuto alle statue nude che la circondano ma alla esorbitante cifra che il Senato palermitano sborsò per l’acquisto della fontana in marmo di Carrara posta al centro della piazza.
Adesso il racconto si tinge di meraviglia, stupore, spettacolo: visitare la chiesa e il monastero di Santa Caterina fu un’esperienza unica! Notevole esempio di architettura barocca, al suo interno una unica navata con un formidabile addobbo decorativo settecentesco con le sue pareti ricoperte da un ricco manto marmoreo policromo, piena di preziosi quadri ed opere d’arte con l’altare maggiore fatto di pietre dure ed il tabernacolo di ametista. Rimasi a bocca aperta per quasi tutto il tempo con la nostra guida d’eccezione Clementina, che ci illustrò gran parte delle opere e della storia di questa chiesa, tutti dovrebbero avere “una” Clementina come amica, certamente la vita diventerebbe più ricca e completa di nozioni ed emozioni.
All’interno c’è anche un ex monastero con un atrio stupendo ed un roseto coloratissimo ma anche dei tetti ai quali accedere per ammirare le meraviglie della città. C’è dell’altro!
È la Dolceria del monastero di Santa Caterina, che rappresenta una importante eredità materiale fin da quando questo luogo era preposto alle realizzazioni di biscotti, pasticcini ripieni, frittelle, pasta di mandorle.
Ancora oggi, con mani esperte, viene valorizzata la pasticceria siciliana fatta di ricette “segrete” e materie prime del territorio.
Io oggi proverò a realizzare per voi ancora una volta uno di questi capolavori della pasticceria siciliana, il loro dolce di punta: il cannolo siciliano.
Chi lo prova sostiene sia il più buono mai mangiato. Lasciatevi quindi trascinare da queste esperienze mistiche e coccolare da questa golosità dal nome insolito, ad ogni morso vi sembrerà di tornare indietro nel tempo e di riscoprire i sapori genuini di una volta….
Ed allora cucinate come me, con amore ed un pizzico di dolce tradizione!
Cannolo siciliano
Ingredienti
Per 15 cannoli circa
Per la scorza:
125 g di farina 00
15 g di zucchero semolato
15 g di strutto
Un uovo
5 ml di vino dolce marsala
Un pizzico di sale
Un pizzico di cannella
15 cilindri per cannoli
Per il ripieno:
1 kg di ricotta di pecora
300 g di zucchero semolato
100 g di gocce di cioccolato fondente
Per guarnire:
50 g Zucchero a velo
100 g granella di pistacchi
15 Scorze di arancia candita tagliate a bastoncino
Procedimento
Fare innanzitutto scolare in un colino la ricotta per almeno tre ore;
preparare la scorza del cannolo: sciogliere il sale nell’aceto; setacciare la farina e unire la cannella; aggiungere lo strutto; impastare con le mani e poi versare lo zucchero; aromatizzare con la scorza d’arancia grattugiata; unire l’uovo ed il vino dolce marsala, per ultimo versare l’aceto in cui è stato sciolto il sale. Su una spianatoia impastare e formare un panetto. Coprire e mettere in frigorifero due ore;
preparare quindi il ripieno amalgamando la ricotta con lo zucchero; passare il composto ottenuto al colino per rendere la crema liscia; unire le gocce di cioccolato; conservare in frigorifero fino alla farcitura delle scorze di cannolo;
stendere a questo punto l’impasto cercando di ottenere una sfoglia di circa 1,5 mm di spessore e con un coppa pasta del diametro di 10 cm, ritagliare dei dischi di pasta;
avvolgere i dischi intorno ad uno stampo per cannoli (si comprano nei negozi per dolci).
Pennellare con un po’ di tuorlo d’uovo la pasta su un lembo nel punto di chiusura per fare aderire l’altra parte, fare una leggera pressione con le dita;
friggere i cannoli in olio di semi di arachidi a 175° fino a doratura girandoli di tanto in tanto (ci vorranno un paio di minuti di cottura) vedrete formare le tipiche bolle dei cannoli ed a questo punto capirete che sono pronti. Una volta raffreddati potrete sfilare i cilindri; farcire il cannolo con la crema di ricotta utilizzando un sac a poche (ci tengo a sottolineare che il termine è maschile, anche se l’uso in italiano lo trasforma in femminile, la sac a poche).
Guarnire il dolce finito con granella di pistacchi e scorza d’arancia sui laterali cosicché si attacchino alla crema e spolverizzare con zucchero a velo.
Giorgia Neglia